Testimonianza di un professore


 

Racconta un professore, che durante la guerra era sfollato a San Giovanni Rotondo, che una sera del ‘43 si trovava solo con Padre Pio, che si recava in coro nell’antica chiesetta. Erano momenti di comunione e di comunicazione spirituali.
“Il padre ammaestrava nel modo più dolce, umile e penetrante; nelle sue parole io sentivo nel modo più persuasivo lo Spirito di Gesù.
Ci sedemmo su di una di quelle vecchie logore panche, nel punto in cui il lungo corridoio faceva angolo con l’altro lato, che portava al coro.
Quella sera trattò di due punti importanti della vita interiore: l’uno riguardava me, l’altro faceva riferimento alle anime del Purgatorio.
Ho potuto constatare, attraverso meditate deduzioni, che egli aveva una conoscenza chiara delle anime e dello stato di purgazione dopo la morte, nonché della durata delle pene che la divina Bontà assegna a ciascuno e stabilisce per sanzione delle offese arrecate, fino allo stato di purificazione totale, per attirare quelle anime nel cerchio del fuoco del Divino Amore, nella beatitudine senza fine”.
Il professore, dopo avere parlato del primo punto, del suo stato d’animo, del cammino, della perfezione cristiana e della libertà dell’uomo, passando al secondo punto disse: “Un giorno io gli raccomandai l’anima di uno scrittore che io avevo preferito nelle mie letture giovanili. Non aggiunsi altro. Non feci il nome dello scrittore. Il Padre intese perfettamente a chi alludevo. Si fece rosso in viso, come se ne provasse cruccio, pietà, dolore per quell’anima alla quale non erano mancati aiuti spirituali e preghiere. Poi disse: ‘Ha amato troppo le creature!’ E chiedendogli io, più con lo sguardo che con le parole, quanto tempo quell’anima sarebbe rimasta in Purgatorio, rispose: ‘Almeno cento anni’.
A proposito, quella sera del lontano 1943, Padre Pio mi disse: ‘Bisogna pregare per le anime del Purgatorio. Non è credibile quanto esse possono fare per il nostro bene spirituale, per via della gratitudine che dimostrano a coloro che le ricor dano in terra e pregano per loro’.
Più tardi, alcuni anni dopo, il Padre mi espresse su questo punto, a proposito di Genoveffa, in modo più completo il suo pensiero (Genoveffa di Troia, nata a Lucera il 2 1.12.1887 e morta a Foggia 1’ 11.12.49, era una laica della fraternità francescana di Foggia, che ha fatto della sofferenza il suo mezzo di apostolato. Sin dalla tenera età è vissuta malata, con un corpo tutto piagato, a letto per ben cinquantotto anni. Di Genoveffa è a buon punto al causa di beatificazione). Padre Pio mi disse: ‘E più gradita a Dio, tocca più addentro il cuore di Dio, la preghiera di chi soffre e di chi soffrendo, chiede grazie a Dio per il bene del prossimo. La preghiera delle anime purganti è molto più efficace agli occhi di Dio, perché sono in uno stato di sofferenza, sofferenza di amore verso Dio, al Quale aspirano, e verso il prossimo, per il quale pregano’.
Un altro episodio che rammento in modo preciso mi fa meditare sull’efficacia della preghiera. Premetto che più di una volta ho sentito il Padre esprimersi nel senso che il destino di un’anima dipende, se non proprio completamente in gran parte, dalle disposizioni di spirito degli ultimi istanti di vita, da quegli estremi balenii di fede e di pentimento che possono salvare un’anima in grave pericolo di morte spirituale.
Qui ne parlo in senso positivo, cioè nell’esito della salvezza. Così diceva Padre Pio ‘Tu ti meraviglierai, diceva Padre Pio, nel tro vare in Paradiso anime che non ti saresti mai atteso di vedere lì’. Questo mi disse un pomeriggio dopo il 1950, non so precisare l’anno.
Alcuni anni dopo invece, io, con una certa angoscia, avendo saputo della morte di una perso na notoriamente atea, almeno a parole, ne racco mandavo l’anima alle preghiere di Padre Pio, che mi rispose: ‘Ma se è già morta!..
Io colsi il significato delle parole del Padre, non nel senso che l’anima era perduta e neppure nel senso che ogni preghiera fosse ormai vana; al contrario, io volevo intendere che la sua preghiera poteva rimettere quell’anima nella condizione di purificarsi e salvarsi “post mortem”, e dissi: ‘Ma Padre, per Iddio non esiste un prima e un poi, Iddio è eterno presente. La vostra preghiera può entrare nell’ordine delle condizioni richieste da Dio per ché un’ anima non si perda’.
Questo era il succo di ciò che io dissi se non pro prio con le stesse parole. Il Padre arrossì molto con un sorriso meraviglioso e cambiò discorso”.

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